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Le Sezioni unite, sentenza n. 30051/2024, hanno chiarito che se non è trascorso il termine di decadenza per l’accertamento, l’Amministrazione può annullare per vizi formali e sostanziali l’atto impositivo ed emetterne uno nuovo più oneroso per il contribuente

Pronti i chiarimenti, sostanzialmente sfavorevoli al contribuente, delle Sezioni unite (sentenza n. 30051/2024) sulla autotutela in malam partem. Crescono, infatti, i margini del Fisco per rimediare ai propri errori. A guidare la Suprema corte nella decisione è il principio dell’“interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi” che, ove non sia trascorso il termine di decadenza per l’accertamento, consente al Fisco di annullare “per vizi sia formali che sostanziali” l’atto impositivo ed emetterne uno nuovo “anche per una maggiore pretesa”.

I giudici chiariscono poi la differenza dell’autotutela rispetto all’accertamento integrativo, che ugualmente porta alla emissione di un nuovo atto. In questo secondo caso, infatti, il primo atto è valido ma – alla luce della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” – viene successivamente affiancato da una nuova pretesa per lo stesso tributo e periodo. Nell’autotutela invece l’atto originario in quanto viziato viene sostituito da uno nuovo “sulla base degli stessi elementi già considerati”.

Né, prosegue la Corte, può ritenersi che il “legittimo affidamento del contribuente” possa essere integrato dall’esistenza di un precedente “atto viziato” dovendo piuttosto ricorrere “l’esistenza di specifiche indicazioni erronee o di condotte intrinsecamente contraddittorie” da parte del Fisco, a fronte di somme già versate.

Fonte “Norme e Tributi Plus Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 22/11/2024

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