Sta al giudice nazionale verificare se la non corrispondenza alle prestazioni rese dal mutuante crea un indebito squilibrio
La Cgue, con la sentenza sulla causa C-321/22, ha ribadito in primis che in base alla direttiva sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori scatta l’illegittimità delle stesse se si determina un significativo squilibrio tra diritti e obblighi delle parti contraenti in danno del consumatore.
Il caso a quo sottoposto al giudizio della Corte Ue proviene dal giudice polacco chiamato a dirimere la lite instaurata da tre persone alle quali, in base alla stipula di contratti a consumo, veniva imposto di corrispondere, oltre alla somma presa a prestito maggiorata degli interessi, anche spese e commissioni aggiuntive. Tali costi “extrainteressi” del credito venivano contestati come molto elevati, essendo pari a diverse decine di punti percentuali degli importi erogati a prestito. Da ciò i ricorrenti chiedevano che fossero dichiarate abusive e quindi prive di effetti le clausole che stabilivano tali importi aggiuntivi extrainteressi. Inoltre, due di tali contratti, prevedevano che i rimborsi del credito fossero da corrispondere esclusivamente in contanti a un agente del mutuante presso il domicilio dei mutuatari. Anche tale clausola veniva impugnata come abusiva.
Nella sua risposta, la Corte ricorda che una clausola contrattuale è considerata abusiva se determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, a danno del consumatore. E dice che un tale squilibrio può derivare dal solo fatto che i costi extrainteressi posti a carico del consumatore siano manifestamente sproporzionati rispetto all’importo concesso in prestito e ai servizi forniti in cambio alla concessione e alla gestione di un credito.
Fonte “Norme e Tributi Plus Diritto” de “Il Sole 24 Ore” del 23/11/2023