Sul punto è intervenuta nuovamente la Cassazione civile con l’ordinanza 13 dicembre 2021, n. 19531, con particolare riferimento alla materia ereditaria

Nell’ ordinamento italiano, un primo, formale riconoscimento del diritto alla protezione dei dati personali si è avuto con la legge 31 dicembre 1996, n. 675, “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”, oggi sostituita dal Codice in materia di protezione del dati personali (il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196), meglio conosciuto con il nome di “Codice della Privacy”, che stabilisce chiaramente che la privacy non è solo il diritto a non vedere trattati i propri dati senza consenso, ma anche all’adozione di cautele tecniche ed organizzative che devono essere rispettate perché si possa procedere in maniera corretta al trattamento dei dati altrui.

Si pone dunque la necessità di configurare un’applicazione del diritto alla privacy che non pregiudichi l’esercizio di altri diritti, e dunque una tutela dell’interesse alla protezione dei dati personali che non pregiudichi altri interessi giuridicamente rilevanti; nel Codice della privacy non manca un’espressa regolamentazione di tale esigenza di bilanciamento rispetto a determinati interessi, ma un ruolo chiarificatore in tal senso è senz’altro ricoperto dalla giurisprudenza.

Si consideri, a titolo esemplificativo, il recente intervento della Cassazione civile che, con l’ordinanza 19 novembre – 13 dicembre 2021, n. 39531, è intervenuta proprio sulla questione del bilanciamento tra il diritto alla privacy e, in questo caso specifico, il diritto di difesa in giudizio.

In tale sede, la Corte ha enunciato il principio in base al quale il diritto di difesa in giudizio prevale sul diritto alla riservatezza dei dati personali, qualora tali dati siano necessari per finalità, appunto, di tutela giudiziale, seppur in presenza di determinate condizioni.

Fonte “Altalex.com” del 11/03/2022